PREVIDENZA SOCIALE - SOCIETA' - Cass. civ. Sez. VI - Lavoro Ordinanza, 27-02-2018, n. 4560

PREVIDENZA SOCIALE - SOCIETA' - Cass. civ. Sez. VI - Lavoro Ordinanza, 27-02-2018, n. 4560

Le società a capitale misto, ed in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l'esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità. L'applicabilità dell'esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici dall'art. 3 del D.L.C.P.S. n. 869 del 1947, è stata, infatti, esclusa sul rilievo della natura essenzialmente privata delle società partecipate, finalizzate all'erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l'Amministrazione Pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la partecipazione – pur maggioritaria, ma non totalitaria - da parte dell'ente pubblico.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana - Presidente -

Dott. GHINOY Paola - rel. Consigliere -

Dott. SPENA Francesca - Consigliere -

Dott. CAVALLARO Luigi - Consigliere -

Dott. DE MARINIS Nicola - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10667-2015 proposto da:

IREN ACQUA GAS SPA, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO 7, presso lo studio dell'avvocato MARIA TERESA BARBANTINI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato ENRICO SIBOLDI;

- ricorrente -

contro

INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante, in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA' DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'AVVOCATURA CENTRALE DELL'ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D'ALOISIO, EMANUELE DE ROSE;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 382/2014 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 15/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/12/2017 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

rilevato che:

1. la Corte d'appello di Genova confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato l'opposizione proposta da Iren Acqua gas s.p.a. avverso l'avviso di addebito dell'Inps relativo a contribuzione cigo, cigs e mobilità, e relative sanzioni civili, per un importo complessivo di Euro 118.359,02.

2. Per la cassazione della sentenza Iren Acqua gas s.p.a. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso l'Inps - SCCI S.p.A. Iren Acqua gas s.p.a. ha depositato anche memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

3. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Considerato che:

1. con il primo motivo la società ricorrente, deducendo plurime violazioni di norme di diritto nonchè vizio di motivazione, ha censurato la decisione per avere ritenuto dovuti i contributi per cigs e cigo. Sostiene che in base al disposto della L. n. 448 del 2001, art. 35, detti enti, per la gestione di servizi, reti, impianti e beni sono tenuti ad avvalersi di soggetti allo scopo costituiti nella forma di società di capitali con la partecipazione maggioritaria degli enti locali, anche associati; che la partecipazione di soggetti pubblici al capitale sociale comporta che essa ricorrente dovesse essere annoverata nell'ambito delle imprese industriali degli enti pubblici, anche municipalizzate, esonerate, in base al disposto del D.C.P.S. n. 869 del 1947, art. 3, dall'applicazione delle norme sull'integrazione dei guadagni degli operai dell'industria.

2. Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 14 la società ha censurato la decisione per avere affermato la sussistenza dell'obbligo al pagamento del contributo per mobilità. Ha richiamato le argomentazioni svolte a sostegno del primo motivo, per sostenere che essa ricorrente non rientra nel campo di applicazione della disciplina dell'intervento di integrazione salariale di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 14 ed è pertanto sottratta anche alla contribuzione per mobilità.

3. I motivi, da valutarsi congiuntamente in quanto connessi, non sono fondati.

La questione qui riproposta è stata esaminata da plurime pronunce di questa Corte (v. ancora da ultimo Cass. n. 8591 del 03/04/2017, nonchè Cass. 22/3/2017 n. 7332 e Cass. 12/05/2016 n. 9816, riferita alla stessa società oggi ricorrente, ed i numerosi precedenti conformi ivi richiamati) in cui si è ritenuto, con soluzione cui occorre dare continuità, che le società a capitale misto, ed in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l'esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità. L'applicabilità dell'esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici dal D.L.C.P.S. n. 869 del 1947) art. 3, è stata, infatti, esclusa sul rilievo della natura essenzialmente privata delle società partecipate, finalizzate all'erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l'amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la meni partecipazione - pur maggioritaria, ma non totalitaria - da parte dell'ente pubblico. E' stato in particolare precisato che la forma societaria di diritto privato è per l'ente locale la modalità di gestione degli impianti consentita dalla legge e prescelta dall'ente stesso per la duttilità dello strumento giuridico, in cui il perseguimento dell'obiettivo pubblico è caratterizzato dall'accettazione delle regole del diritto privato e che la finalità perseguita dal legislatore nazionale e comunitario nella promozione di strumenti non autoritativi per la gestione dei servizi pubblici locali è specificamente quella di non ledere le dinamiche della concorrenza, assumendo rilevanza determinante, in ordine all'obbligo contributivo, il passaggio del personale addetto alla gestione del servizio alle dipendenze di soggetto di diritto privato.

3.1. Resta da aggiungere che le suesposte conclusioni non possono essere scalfite nè dal D.Lgs. n. 148 del 2015, art. 10, il quale - per quanto qui interessa - ha espressamente previsto l'assoggettamento alla cassa integrazione (e alla relativa contribuzione) delle imprese industriali aventi ad oggetto la "produzione e distribuzione dell'energia, acqua e gas", dal momento che la sua natura innovativa rispetto al quadro ordinarnentale già esistente è stata espressamente disconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. in tal senso Cass. nn. 9816 del 2016, 26016 e 26202 del 2015), nè a fortiori dall'art. 1, comma 309, 1 n. 208/2015, il quale, nel far salvo dal novero delle abrogazioni previste dal D.Lgs. n. 148 del 2015, art. 46, l'art. 3, d.l.C.p.S. n. 869/1947 (a norma del quale "sono escluse dall'applicazione delle norme sulla integrazione dei guadagni degli operai dell'industria (...) le imprese industriali degli enti pubblici, anche se municipalizzate, e dello Stato"), ha semmai confermato la voluntas legis di escludere dall'area di operatività delle disposizioni concernenti l'integrazione salariale soltanto quei soggetti che possano qualificarsi come "imprese industriali dello Stato o di altri enti pubblici", tra le quali, per le ragioni anzidette, non possono figurare le imprese gestite in forma di società a partecipazione pubblica (così Cass. 12/10/2017 n. 24013, Cass. nn. 7332 e 8704 del 2017, dove il richiamo a Cass. S.U. nn. 26283 del 2013 e 5491 del 2014).

4. Con il terzo motivo Iren Acqua gas s.p.a. ha dedotto la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda subordinata di annullamento o riduzione delle sanzioni/somme aggiuntive.

La società in via subordinata deduce di avere impugnato la sentenza del Tribunale laddove aveva ritenuto insussistenti presupposti per l'applicazione delle sanzioni in misura ridotta ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 15, lett. a) non sussistendo la condizione dell'avvenuto pagamento dei contributi; inoltre, atteso il contrasto interpretativo in giurisprudenza ed in sede amministrativa, verificatosi nella materia, sostiene che sussistevano i presupposti per l'applicazione delle sanzioni in misura ridotta ai sensi dell'art. 116 cit., commi 10 e 15.

5. Neppure tale motivo è fondato.

Nella stessa prospettazione della società ricorrente, il motivo d'appello avente ad oggetto le sanzioni civili era del tutto generico, venendo contestato il relativo capo della sentenza del Tribunale senza precise argomentazioni in merito all'avvenuto pagamento dei contributi, sicchè il mancato esame da parte della Corte territoriale è dipeso da una valutazione implicita d' inammissibilità del motivo. Del resto, neppure in questa sede il ricorrente riferisce di avere tempestivamente provveduto al pagamento.

Ed il decisum del Tribunale, che aveva escluso l'applicabilità delle sanzioni in misura ridotta di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 15, lett. a), è coerente con l'interpretazione di questa Corte, secondo la quale l'ipotesi in cui il ritardato o mancato versamento dei contributi derivi da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell'obbligo presuppone l'integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali (Cass. n. 01/03/2016 n. 4077, 10/12/2013 n. 27513), in disparte il fatto che il medesimo comma 15 richiede a tal fine un provvedimento di competenza del consiglio di amministrazione dell'ente impositore, sulla base di direttive impartite in sede ministeriale (Cass. n. 15897 del 26/06/2017).

6. Il ricorso, manifestamente infondato ex art. 375 c.p.c., comma 1 n. 5, deve quindi essere rigettato con ordinanza in camera di consiglio, così confermando il Collegio la proposta formulata dal relatore ex art. 380 bis c.p.c..

7. La regolamentazione delle spese processuali in favore del controricorrente, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

8. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell'Inps, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2018


Avv. Francesco Botta

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